martedì 14 aprile 2009

Tentazione di mezza estate



Questo è un racconto inviato da un lettore del blog, grazie a tutti quelli che mi scrivono...

“Se fossero stati latticini e salumi invece di collant, a questo punto camminerebbero da soli, anche in frigo”, pensavo mentre cercavo di lenire l'afa sporgendomi dal balcone. “Adesso si che fa caldo, ma a Pasqua, quando glieli ho comperati la temperatura era ideale per indossarli”. Tornai dentro e, aperto il suo armadio li presi dal fondo, sepolti dai vestiti primaverili, li tolsi dalla confezione ancora sigillata e li presi in mano, dopo quattro mesi di oblio. “Mi danno fastidio, sono un supplizio, fanno caldo. Non puoi capire, tu che non li indossi”; questa frase per giustificare il fatto che si mise i jeans per le festività al posto del vestito e le calze mi ronzava in testa”. Li stavo accarezzando, morbidi, velati, leggeri...Come poteva soffrire il caldo di aprile con questi 7 denari? I jeans sicuramente sono più pesanti.... ma pensa te. Senza accorgermi ero tornato sul balcone, con i collant in mano, e guardavo l'incrocio dove lei mi aveva salutato da lontano nemmeno mezz'ora prima; era andata con le amiche al mare, e poi a cena fuori; e io a soffrire il caldo in casa, almeno fino al tramonto. Infilai la mano nelle calze aspettandomi un colpo di calore o qualcosa del genere. Niente, anzi, una carezza piacevole sull'avambraccio stava facendo aumentare a dismisura il mio morboso interesse per le calze da donna. Incolori, o color carne, come si dice qualche volta, trasparenti, quasi invisibili, la signora di fronte di sicuro non li notava, grazie anche al gioco di controluce. Lei aveva il sole negli occhi rispetto a me, tutte le ombre che mi riguardavano erano puntate su di lei, che come me trascorreva le ore più calde di quel terribile ferragosto a casa, per uscire magari la sera come me, con una improbabile arietta più fresca. “Se per ipotesi li indossassi, non potrebbe certamente accorgersene, vuoi per il sole negli occhi, vuoi per il fitto verde delle piante che abbracciano la mia ringhiera” pensai. E poi sono color carne, indossati non si notano nemmeno. Fu un attimo: entrai in casa, mi tolsi i calzoncini corti e gli slip che avevo addosso, mi infilai i collant aggiustandomeli per bene e rimisi i calzoncini e le ciabatte. L'effetto del nylon sulla pelle per la verità non mi era nuovo; diversi carnevali passati avevo indossato calze da donna di tutti i tipi, anche autoreggenti velate e reggicalze...ricordo che avevo freddo per strada, anche con i collant neri coprenti da 40 denari, ma in ossequio al divertimento era sopportabile. Poi al chiuso e dopo qualche bicchiere non ci facevo nemmeno più caso, come se girare vestito da ballerina fosse per me la cosa più naturale del mondo. Uscii nuovamente sul balcone, la signora era sempre lì, prendeva il sole probabilmente in attesa di un po' di ombra per bagnare le sue piante. Ma avrebbe dovuto aspettare ancora un buon quarto d'ora prima che lo spigolo della casa adiacente alla sua le coprisse il sole. Mi accarezzavo le gambe inguainate dal nylon, fantastico portare i collant, è come avere un'infinità di mani che accarezzano contemporaneamente le gambe. “E' solo per provare come si sta con le calze con il caldo”, mi ripetevo per cercare di convincermi che non mi piacesse. “Ora si, che capisco, cara Michela. Li sto indossando, ed è fantastico, altroché fastidioso”. Salutai la signora, che ricambiò; seguì un dialogo riguardante principalmente il caldo. Portava un vestitino leggero molto corto, che lasciava scoperte le gambe non proprio modellate a dovere. Aveva passato i cinquanta da un pezzo, e li dimostrava tutti. Ma non aveva importanza, mi eccitava da morire parlare con lei toccandomi l'interno delle cosce. “E' solo per provarli”. non ricordo se era la terza o quarta volta che me lo ripetevo. Faceva caldo da morire, la maglietta era inzuppata di sudore ma le gambe stavano benissimo, coccolate dalle calze. La mano salì ancora infilandosi dentro i calzoncini da sotto. Erano molto corti e larghi, mi fu facile raggiungere il pisellone diventato duro come una mazza per l'occasione, anche lui coccolato dal nylon. Posai il polpastrello tra le chiappette del glande; un fremito di piacere mi avvolse, gemetti sottovoce in quanto stavo ancora conversando con la signora, distante una ventina di metri. Il culmine del bosso, potato alla buona, mi copriva la parti basse e relativi lavori in corso dalla vista della signora. Ora facevo scorrere il gambo tra il pollice e l'indice sempre più veloce, strusciavano a meraviglia con il nylon in mezzo. Sentivo che stavo per venire, aumentai la velocità. La signora si voltò dall'altra parte. “Girati, devi guardarmi mentre godo”, le ordinai mentalmente. Magari a scoppio ritardato, ma doveva leggere il pensiero, e dopo un minuto si girò di nuovo sorridendomi. Nessun altro in vista, solo lei. Era imminente, la guardavo mentre premevo di nuovo le chiapette con il dito. Orgasmo! Sentivo lo sperma fuoriuscire copioso, un piacere provato di rado mi invase corpo e mente, volevo urlare ma mi trattenni anche perché lei continuava a guardarmi; mi limitai ad emettere un gemito sordo, sentivo sul mio viso una smorfia di godimento. Aveva capito? no, impossibile tra sole negli occhi e vegetazione in mezzo lei doveva percepire solo una figura in controluce appoggiata sul passamano. Aveva quasi vent'anni più di me ma le ero simpatico, forse qualcosa di più, non lo so e non lo saprò mai. Ultimi sussulti da orgasmo; una macchia umida apparve sui calzoncini, la colata era passata oltre il nylon e anche oltre il cotone. Stavo benissimo, appagato. mi accarezzai ancora una volta le cosce velate prima di rientrare e criptare l'insolita esperienza. Rapida doccia fredda, mi rivestii con abiti più consoni a un uomo di quasi quarant'anni, e poi un veloce bucato, che appesi ad asciugare sul balcone, ora che il sole delle diciotto lo lambiva. A lei invece stava arrivando l'ombra, ora mi vedeva bene mentre sistemavo l'ultima molletta sui collant gocciolanti, sempre sorridendomi mentre finalmente annaffiava le piante. Aveva capito? non lo saprò mai, sapevo solo che avevo circa quattro ore di tempo per asciugare e riporre con cura i collant nella confezione, prima che Michela rientrasse. Non che facesse differenza, per la verità. Lei si era già dimenticata di averli avuti in regalo da me, e poi con il caldo non si mettono.

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